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"Salvate il
soldato Ryan"
(recensione a cura di Pietro Cerri)
Regia di Steven Spielberg
USA, 1998
durata 160'
INTERPRETI
Tom Hanks (Capitano Miller), Matt Damon (Soldato semplice
Ryan), Tom Sizemore (sergente Horvath).

TRAMA
La storia è semplice: dopo lo sbarco, di cui il film
descrive l'azione svolta sulla spiaggia di Omaha, solo
una delle tante spiagge coinvolte nell'operazione, un
gruppo di Rangers americani viene incaricato di trovare
il soldato semplice Ryan e di riportarlo a casa perché
sono morti, in altri fronti della guerra, tutti i suoi
fratelli.
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PROPOSTA DI LETTURA
Ormai arriviamo in ritardo, del film di Spielberg hanno
già parlato tutti e ancora si parlerà in futuro. A
ragione, perché è un film bello, un film che,
nonostante le sue tre ore di durata, riesce a tenere
senza fiato lo spettatore.
Spielberg si conferma un regista completamente maturo,
capace non solo di saper raccontare con enfasi una
storia, ma anche di reinventare un genere
cinematografico, quello del lungo filone dei film sulla
Seconda Guerra Mondiale. Le sequenze di battaglia sono
magistrali, l'uso della telecamera a spalle permette allo
spettatore di sentirsi parte dell'azione, i colori
desaturati rendono le scene realistiche, i rumori
(ricordiamo le critiche mosse al film a fine estate che
lo definivano troppo rumoroso) rappresentano una colonna
sonora azzeccatissima.
La vicenda vissuta dal drappello di Rangers, comandato
dal capitano Miller (un bravissimo Tom Hanks),
attraversando il fronte della battaglia, ci descrive le
atrocità del conflitto e pone la domanda che sorregge
l'intero film: è giusto rischiare la vita di un gruppo
di uomini per salvarne uno solo?
La risposta la lasciamo a ciascuno di voi, ma è proprio
l'aspetto contenutistico del film che delude. La guerra
è descritta in modo assolutamente crudo e in questo modo
condannata come atto disumano; questo era scontato, anche
se ben vengano ancora film che raccontano la guerra per
parlare di pace (anche dopo "Il cacciatore" e
"Full Metal Jacket"). Ma non si può accettare
la retorica di fondo della pellicola che vede il soldato
americano dalla parte del buono e il soldato tedesco
cattivo. Nel film gli americani sono protagonisti,
combattono, soffrono e muoiono per una indiscutibile
buona causa, la liberazione dell'Europa dal flagello
nazista, mentre i tedeschi sono descritti sommariamente
come una massa combattente. Dimenticando che anch'essi
avevano vent'anni, anch'essi combattevano e morivano e
molti di essi non erano neppure nazisti.
Non vogliamo fare assolutamente del revisionismo, la
nostra condanna alle atrocità causate dal nazi-fascismo
è ferma, ma crediamo che a cinquant'anni dalla fine
della guerra sia giunto il momento di guardare ai soldati
schierati in tutti gli eserciti belligeranti con occhio
obiettivo, senza farci impigrire da un facile
manicheismo. Ci potrebbe allora essere d'aiuto vedere un
film come "Stalingrad" oppure visitare i campi
di di combattimento normanni e lì scopriremo non solo
l'enorme cimitero americano, ma anche tanti altri piccoli
cimiteri, in parte dimenticati e non pubblicizzati come
mete turistiche, in cui sono sepolti migliaia di ragazzi
tedeschi la cui colpa è stata quella di nascere in
Germania e non in America.
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Il sito del film: http://www.rzm.com/pvt.ryan/movie/movie.html

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